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Le Lime e Raspe di Villamagina

Di Luciano G. Giacchè
Scrive :

La produzione
La zona del sellanese è da tempo rinomata per la produzione delle lime e raspe, prodotte a mano con un sistema di lavorazione che si tramanda da secoli.
Quest’attività è documentata fin dal settecento ed impegnava gran parte degli abitanti delle frazioni di Villamagina, Casale, Ottaggi e S. Martino. Il deschetto di legno utilizzato per l’intaglio (“la picchettatura”) delle lime e delle raspe era presente in tutte le case.
Nella metà dell’Ottocento si contavano nella zona una ventina di imprese artigiane con una produzione di oltre 12.000 dozzine di lime e raspe e circa 24.000 dozzine di altri mezzi metallici per lavori agricoli.
Le difficili condizioni di lavoro e l’agguerrita concorrenza del mercato internazionale hanno provocato la crisi di questa attività. Nel 1945 è stata fondata la Società Cooperativa Artigiana di Villamagina che attualmente conta 11 soci ed impegna 19 dipendenti. La produzione media è di 900.000 pezzi all’anno destinata per oltre il 30% al mercato estero. La Cooperativa è rimasta l’unica impresa italiana ad operare in questo campo e produce raspe tonde, piane, birolere e raspe speciali per ebanisti, mobilieri, scultori, calzolai, vetrai, maniscalchi, lavagnari.
La lavorazione
Un tempo nella zona si svolgeva l’intero ciclo di produzione: dall’estrazione del ferro nelle miniere di Monte Birbone, ad una prima lavorazione nelle ferriere di Monteleone, chiuse dopo il disastroso terremoto del 1703, alla forgiatura e produzione degli utensili nel sellanese.
La produzione è attualmente limitata alle sole raspe con processo di lavorazione rimasto sostanzialmente inalterato nel tempo.
Le barrette di ferro dolce, riscaldate alla forgia alimentata da carbone vegetale, vengono sagomate nella dimensione e nella forma voluta.
La successiva “arricciatura”, realizzata con uno scalpello di acciaio, richiede una particolare abilità; viene eseguita su un deschetto ricavato da un tronco d’albero su cui viene infisso un blocco di piombo (ora in alluminio) rivestito di cuoio per appoggiare le raspe senza rovinare i denti già formati quando si lavora l’altra faccia.
La lavorazione manuale distribuisce in modo irregolare le punte sulla superficie delle raspe, e questo costituisce il maggior pregio dell’utensile, perché garantisce una perfetta levigatura dei materiali, rispetto alle raspe prodotte meccanicamente che, presentando tutte le cuspidi disposte in fila, lasciano i segni dell’abrasione.
L’origine
La tradizione vuole che i frati di S. Croce di Sterpare e d S. Nicolò di Acquapremula, per sollevare gli abitanti delle ville di Sellano dalle condizioni di assoluta povertà in cui vivevano, li istruirono nell’arte della lavorazione del ferro per ricavarne lime e raspe. Il segreto riguardava soprattutto la fase di “Cementazione e Tempera” che consisteva nell’infornare i pezzi su un tetto di fuliggine con aggiunta di sale e polvere di corona per poi gettarli nell’acqua fredda; questo aumentava la durezza del metallo ed evitava la deformazione dei denti. Il segreto venne cosi gelosamente custodito che quando, nel 1778, il maestro limaro Francesco Antonimi di Sellano accolse nella sua bottega un giovane milanese, Cristoforo Masina, gli altri artigiani si rivolsero al Camerlengo di Santa Romana Chiesa perché fosse“rimosso dalla sua bottega il giovane suddetto sotto gravissime pene colle proibizioni, in avvenire, a tutti i limari che non abbiano ardire di mai imparare ad esteri simili mestieri”. La stessa tradizione vuole che i frati, preoccupati che la ricchezza ricavata dall’arte da loro insegnata potesse allontanare dalla fede gli abitanti, per mantenerli devoti ed onesti invocassero la maledizione su coloro che avessero guadagnato più del necessario per vivere.

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